In occasione del Decennale della nascita di CUBO, Lidia Bagnoli è tra gli artisti selezionati per la call di partecipazione al Concorso di idee per la progettazione e realizzazione di un'opera capace di generare in modo semplice, originale e immediato l'immagine di CUBO, a ciò che rappresenta e ha rappresentato nei suoi 10 anni valorizzandone gli aspetti più caratterizzanti. Il bando è stato vinto dall'artista Stefano Ronci con l'opera DiecialCUBO.
il progetto Senza titolo dell'artista si aggiudica la menzione speciale, ex aequo con l'artista Alessandro Lupi, per l'impegno individuato nello studio di CUBO e delle sue attività e il testo critico Dieci anni al CUBO, per evocazione e per analogia del professor Giovanni Matteucci :
"Il progetto di Lidia Bagnoli ha come perno l'evocazione. Presenta una bambina che gioca per strada sentendosi sicura nel proprio divertimento. L'opera funziona trasponendo anche l'osservatore nello stesso stato felice, in cui si vive la leggerezza connessa con l'attività rappresentata, che prevede salto, agilità, equilibrio, controllo delle forze sia proprie sia degli elementi ambientali. L'ambito in cui ciò ha luogo è la strada, che viene così sottratta al canonico contenuto di rischio e pericolo a cui oggi la si associa. L'evocazione innescata da Bagnoli rinvia invece alla possibilità di disporre serenamente di tale luogo per dar corso a un'esperienza pienamente positiva. La strada non è più un mezzo estraneo o addirittura alienante di cui ci si occupa in termini strumentali. Recupera, piuttosto, una sua misura umana, e in quanto selciato dell'esperienza diventa un ambiente a cui ci si rapporta persino giocosamente. Anzi, si trasforma nel dispositivo stesso del gioco: si anima e diventa partner ludico. L'evocazione innescata da Bagnoli riconduce così a una dimensione del mondo circostante che ha quasi il sapore del mito, ove gli arredi dell'esistenza interloquiscono con chi vi abita agendo da fonti di promessa e successo piuttosto che come strumenti di minaccia.
La forza del dispositivo progettato da Bagnoli risiede nella possibilità che offre all'osservatore di identificarsi con la bambina intenta a giocare. Essa, per quanto appaia da sola nell'immagine, vive tutt'altro che uno stato di sentita solitudine. È presa nella propria attività, colma del gusto di condurre quel gioco, occupata a sperimentare la compagnia che le offre un selciato tutt'altro che inerte, e anzi dotato di valori d'interazione (ogni regione ha un valore e implica una regola di comportamento). Ci si trova così, assieme alla bambina, immersi in un universo denso da esplorare, interamente inscritti nel gioco, ovvero ospitati in un cubo che è stato in qualche modo anche graficamente squadernato ai nostri piedi, e che traccia il perimetro entro il quale si deve rimanere per rispettare le regole del gioco. E finché si resta in quell'alveo non si ha nulla da temere, come enfatizza la virtuosistica prospettiva dall'alto con cui Bagnoli costruisce il dispositivo, a racchiudere nello sguardo di chi osserva il medesimo perimetro di sicurezza esplorato nell'attività ludica della bambina. Così, chi vi si muove resta vincente finché i suoi movimenti corrispondono a quelli ludicamente necessari. Si tratta dunque di un mondo sì chiuso, ma che consente di provare sicurezza e felicità nello svolgersi dinamico di attività.
Anche la realizzazione del dipinto è funzionale a tutto questo. Se si vuole, l'uso per certi versi anacronistico della pittura è oggi fatalmente un esercizio di evocazione quasi nostalgica del potere mitico delle immagini. La costruzione dell'immagine dipinta riporta (in questo caso con particolare felicità e riuscita) alla destrezza della mano, alla sapienza tecnica, artigiana, che viene esaltata nei particolari e nei dettagli accuratamente disposti sulla tela. Se l'evocazione è il principio adottato per la costruzione del dispositivo, essa si connette quasi automaticamente con una tecnica di espressione che porta con sé una stratificazione storica nutrita da una specie di nostalgia per la concezione mitica del mondo. Si è così ingaggiati in una sorta di ri-mitizzazione del mondo in virtù di un recupero dell'infanzia che è ritorno a un'età in cui l'ambiente si rivela carico della forza del mito.
Tutto questo non vuol dire, però, cedere al passatismo. Il cubo squadernato, spazio mitico di gioco, lascia trasparire i segni e le tracce di un QR-code. Come CUBO, ospita cioè una contemporaneità in grado di conciliarsi con il portato evocato, di farsi tramite tra passato e futuro. È una sorta di sottostruttura accogliente rispetto al “gioco della settimana" che viene posto in primo piano e che dunque non entra in urto con la realtà contemporanea, ma al contrario inscrive l'intera operazione di evocazione entro un orizzonte di conciliazione.
Nel suo complesso, il dispositivo proposto da Bagnoli è costituito da due immagini. Nella prima la bambina sta come studiando la mossa da compiere: sembra che stia prendendo la rincorsa verso il 10 e a tal fine spinge sulla gamba d'appoggio retrostante per ponderare il gesto da compiere, in un preludio al salto. Nella seconda immagine essa viene invece mostrata nell'atto del salto, nel punto di massima precarietà dell'equilibrio, perché saltare è azzardare in avanti, verso il 10 (il compimento del decennale di CUBO). Compiere il salto significa allora esprimere appieno la dinamica insita in un mondo come quello mitico che, come si diceva, è sì chiuso ma non statico. E ciò per tre motivi. In primo luogo, perché il gesto compiuto è un salto, ossia movimento e azzardo. In secondo luogo, perché a compiere questo gesto è un essere che, vivendo nell'infanzia, è quasi per vocazione impossibilitata a star ferma, incorporando di per sé il valore del cambiamento. In terzo luogo, perché soggetto dell'opera è appunto un gioco che, in quanto tale, è movimento e chiama al movimento: un interagire col mondo che risulta dinamico malgrado trattenuto entro un campo-di-gioco, con una chiusura apparente che corrisponde a quella altrettanto necessaria di ogni immagine dipinta. Come le immagini, gli spazi di gioco tracciano confini, benché al proprio interno consentano infiniti stati parziali. Perciò essi sono emblemi efficaci delle condizioni dell'esperienza in generale. Tanto più nel dispositivo di Bagnoli, ove l'opera d'arte non è gioco per metafora, ma diventa gioco a tutti gli effetti. Espone un gioco e si espone come un gioco. Sia transitivamente sia riflessivamente è gioco, e avviene nella sicurezza e nella leggerezza di chi sa organizzare senza costrizioni gli spazi del relativo svolgimento, come CUBO." (Giovanni Matteucci, Dieci anni al CUBO, per evocazione e per analogia, dicembre 2022)
BIO ARTISTA
Ha studiato al Liceo Artistico e all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Ha iniziato la sua attività espositiva nel 1974 e da allora ha continuativamente svolto la sua attività artistica allargandola alla scenografia, alla pubblicità, al design, alla produzione multimediale. Ha insegnato per più di vent’anni alla Accademia di Brera di Milano e successivamente ha ricoperto il ruolo di docente di Scenografia del Melodramma alla Accademia di Belle Arti di Bologna. Ha lavorato con molte gallerie in Italia e all’estero fra cui ricordiamo la Galleria Forni a Bologna e Milano, la Galleria Cramer a Bonn, la Tatistcheff Gallery a New York. Sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private in USA, Germania, Italia. Nel Settembre 2016 ha presentato un video collegato al film Broken Blossoms di D.W. Griffith alla National Gallery di Washington, DC, facendo seguito ad altre performance e conferenze collegate al rapporto tra musica e immagine alla University of Illinois (2000), Parma (2001) New York University (2001), National Gallery, Washington, DC(2003). Nel 2017 ha partecipato con una sua presentazione alla conferenza annuale su Music and the Moving Image alla New York University, NYC. Contemporaneamente ha progettato diversi allestimenti per opere ed eventi di cui si ricorda in particolare la collaborazione con il Conservatorio di Milano per una messa in scena de I Promessi Sposi di Ponchielli (2015), Satyricon di Maderna (2017), Billy Budd di Ghedini, Suor Angelica di Puccini (2018), Nella Torre di Gabrio Taglietti (2021). Lidia Bagnoli vive tra Boston e le campagne vicino Bologna dove ha ricavato il suo studio da un antico oratorio.