CUBO presenta la personale di fotografia di
Marco Lanza,
Futuro Remoto. Immagini dai depositi dei musei italiani, a cura del professor
Luca Farulli, docente di Estetica all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e in collaborazione con il Museo di Storia Naturale dell’Università degli Studi di Firenze.
Gli spazi abbandonati dei depositi sono oggi oggetto di rigenerazione culturale dove è possibile recuperare la memoria; la storia è infatti anche storia di modalità di lavoro, di gesti. Per questo recupero è necessario attivare l’immaginazione come mezzo di appropriazione del futuro, vera sfida dei nostri giorni.
La mostra si presenta pertanto come il viaggio nell'altro stato delle cose nel quale le opere d'arte, i reperti archeologici, i prodotti del fare umano, in esso riparati, si danno a vedere, uscendo dalla vita separata che usualmente li caratterizza. Le opere esposte sono realizzate attraverso il linguaggio della fotografia e cercano di dare forma e senso universale ai reperti custoditi nei depositi dei principali Musei italiani (Pompei, Napoli, Firenze, Milano, Torino) attraverso le inquadrature e i colori che scaturiscono dall’incontro tra la luce e la materia, il corpo e la polvere.
- Marco Lanza, Galleria Palatina Firenze, fotografia, 2008
- Marco Lanza, Museo Archeologico Nazionale Napoli, fotografia, 2008
- Marco Lanza, Museo Archeologico Nazionale Napoli, fotografia, 2008
- Marco Lanza, Scavi di Pompei, fotografia, 2008
- Marco Lanza, Cripta dei Cappuccini Palermo, fotografia, 1998
- Marco Lanza, Museo del Cenacolo di Andrea del Sarto Firenze, fotografia, 2009
- Marco Lanza, Scavi di Pompei, fotografia, 2008
- https://www.youtube.com/watch?v=SN0VLVip9Rs
- Marco Lanza, Museo di Storia Naturale Sez. Zoologia/La Specola Firenze, fotografia, 1998
- Marco Lanza, Museo Archeologico Nazionale Napoli, fotografia, 2008
"
Nei depositi ci sono cose, non oggetti: frammenti di esistenza salvata, i quali si rivolgono a noi come immagini ancora attive, come gesti pietrificati, invitandoci nel loro spazio. Rispetto a queste vite in immagine, è, infatti, impossibile restare nello spazio neutro della distanza: da esse soffia il vento della storia, il tempo torna a vivere e noi non stiamo più, salvi ed impassibili, davanti o di fronte alla storia, bensì dentro di essa. Raramente fotografie hanno saputo cogliere questa condizione del deposito con più esattezza, con più tenerezza, con più forza evocativa di quanto siano riuscita a fare queste immagini di Marco Lanza […] Per cogliere sino in fondo la sfida lanciata da Marco Lanza con i suoi depositi in immagine dobbiamo, però, insistere ancor più su un aspetto relativo alla condizione in cui vivono le cose dei depositi. Raccolte in uno spazio chiuso, esse appartengono, però, propriamente all’ordine del tempo; a ben vedere, le cose presenti nel deposito sono tempo a livello di rovina, di frantume. In quanto tali, i busti, i monili, i divani, gli uccelli raccolti negli armadi di conservazione, i vari reperti del tempo appaiono, nell’ordine del deposito, come degli a-parte teatrale, dei senza patria temporali rispetto all’ordine lineare ed omogeneo, al continuum con cui si raffigura la Storia. Le cose del deposito, in altre parole, non sono preda trascinata nel trionfo avanzante della storia. Esse difendono, piuttosto, in modo caparbio la loro indigeribile singolarità. Tale contrassegno tendenziale del deposito è potenziato e declinato in tutte le sue implicazioni più profonde dal deposito in immagine di Marco Lanza, il quale abbandona sempre più la dimensione di uno spazio chiuso e protetto, per farsi ambito del tempo: le cose qui fotografate sono caricate di tempo, esse si pongono all’incrocio dei tempi, lì dove passato e futuro si danno battaglia come in un time-lapse; lì dove il futuro reclama il suo passato ed il passato si manifesta, fulmineo e per un istante solo, nel presente, illuminandolo, rendendolo comprensibile e proiettato nel futuro […] Attentamente guardate, queste fotografie son immagini senza piedistallo. Esse fanno tesoro della loro indisciplina, in quanto si congedano, per così dire, dal deposito di appartenenza, si librano leggere su di esso. Frammenti di tempo senza fissa dimora, sottoposte, come un fantasma condannato all’immortalità, a vagare nel tempo in andirivieni, tali cose del deposito in immagine si offrono, grazie al linguaggio di Lanza, come frammenti di cultura in circolazione, come bacino atmosferico, come vademecum di una identità in via di formazione: intersoggettiva, interculturale, intertemporale, esplorativa. Futuro remoto”.
(Luca Farulli, estratto dal testo di presentazione in catalogo).
Per l'occasione, Spazio Arte di CUBO ha organizzato un momento di
incontro e dibattito intorno al tema dei depositi museali al termine del quale seguirà la
performance video-musicale del duo
PASTIS, Marco e Saverio Lanza.